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5. Verifiche oggettive: analisi dei dati 5.1 Il tema della misurazione della Follia e della classificazione dei disturbi Psichiatrici Nel ‘700, l’Illuminismo apre la strada ai metodi di ricerca scientifica in Psichiatria, come accade anche in tutti gli altri campi del sapere e del conoscere. A cominciare dalla ben nota Frenologia1 (secondo la quale le singole funzioni psichiche dipenderebbero da particolari zone del cervello e attraverso la quale si sosteneva l’importanza della misurazione del cranio per distinguere tra folli e normali) ad oggi, senza apprezzabili risultati, si continua ad indagare, con metodi rigorosi di radiodiagnostica e di analisi chimica molecolare, alla ricerca di un “dettaglio” significativo che non si trova. La statistica nelle scienze sociali e naturali ben presto si impone come disciplina dell’analisi dei dati rilevati o osservati a fini predittivi o pratici di intervento. Presupposto essenziale di un’analisi statistica in Psicologia è la definizione del campione “rappresentativo” per procedere alle eventuali correlazioni tra i dati rilevati: presupposto fondante le ricerche su dati soggettivi quali interviste e/o somministrazioni di questionari. I principi di statistica si applicano anche alle verifiche delle rilevazioni di osservazioni oggettive ridotte in numero e poi elaborate e/o correlate per dimostrare una “significatività” predittiva o attuale del fenomeno studiato in psichiatria: i sintomi a carico dell’ideazione, della percezione, dell’umore e del comportamento. Nelle ricerche mediche e cliniche, prevalentemente farmacologiche, la definizione del campione richiede grandi numeri e selezioni rigorosamente “casuali” per definire una significatività di valore predittivo o attuale. In Psichiatria la selezione del campione o l’individuazione della variabile da studiare presenta complessi problemi legati ad una pratica clinica e terapeutica tendenzialmente incerta in un sistema complesso tra contraddizioni istituzionali e in assenza di certezze etiologiche e diagnostiche. Per queste ragioni il presente studio ha potuto considerare i pazienti presi in esame solo come casi singoli, non comparabili tra loro, ed è andato alla ricerca di indici sintomatologici, reali anche se generici e indiretti, quali le decisioni prescrittive di variazioni quantitative e qualitative dei farmaci o dei ricoveri ospedalieri, indicativi dell’andamento psicopatologico relativamente ai sintomi più gravi. Presupposto fondamentale è che appare indiscutibile collegare scelte terapeutiche importanti, come il ricovero ospedaliero o le variazioni di somministrazione di psicofarmaci, a variabili oggettive assunte, in scienza, coscienza ed esperienza, dal sanitario a fronte di sintomi clinici gravi osservati. Di seguito si riportano i tentativi metodologici sperimentati e le difficoltà pratiche incontrate. 5.2 Difficoltà nel proporre un progetto terapeutico analizzabile statisticamente Ho intrapreso il presente progetto terapeutico con l’obiettivo di tentare una sperimentazione del lavoro precedentemente svolto dalla Gup Art, che potesse fornire dati statistici interessanti a valorizzare i risultati già precedentemente rilevati attraverso diverse metodologie osservative. La mia intenzione era quella di somministrare test idonei ai pazienti partecipanti al progetto, sia prima dell’inizio del lavoro e sia al termine. In questo modo, dopo aver analizzato i dati e costituito il profilo individuale, avrei potuto confrontare i risultati pre-test/post-test, per studiare l’eventuale cambiamento dovuto alla somministrazione del trattamento. Alla luce dei fatti e per le difficoltà incontrate durante il lavoro, posso affermare che non è stato possibile svolgere un’analisi statistica dei dati per i seguenti motivi. Innanzitutto per ciò che riguarda la somministrazione dei test, il problema è risultato principalmente quello di non avere a disposizione personale competente. Infatti, personalmente ho preso accordi con alcune studiose della Scuola Romana Rorschach, pensando che tale test proiettivo potesse essere utile nello studio di pazienti psicotici. Nonostante l’iniziale disponibilità di queste persone, che attraverso questa esperienza avevano l’occasione di cimentarsi nella somministrazione del Rorschsch con pazienti psicotici, quando è arrivato il momento, per diversi motivi si sono rese indisponibili. Bisogna sottolineare che la mancanza di disponibilità economica, da parte nostra, per offrire giustamente un compenso a coloro che avrebbero somministrato il test, ha influito negativamente nella riuscita dei nostri intenti. Nel frattempo, la C.T. era pronta per iniziare il progetto e premeva affinché non passasse troppo tempo, tanto che sono stata costretta a desistere dal somministrare i test. Comunque, con il passare del tempo, si mostra sempre più chiara l’idea che, anche se avessimo potuto somministrare dei test, per avere a disposizione dati oggettivi, tuttavia le caratteristiche tipiche della Comunità Terapeutica che ci ha ospitato, non avrebbero comunque permesso l’evoluzione di un progetto terapeutico analizzabile statisticamente, proprio per le caratteristiche insite alla C.T., ossia: la continua uscita di vecchi pazienti o l’ingresso di nuovi, non ha permesso ai pazienti stessi di usufruire di un trattamento con caratteristiche stabili e verosimilmente non ha permesso, per lunghi mesi, la creazione di un gruppo solido, già di per sé elemento terapeutico; problematiche queste (ed altre) già espresse nel capitolo terzo. 5.3 Dunque non avendo potuto acquisire dati da analizzare, la prima ipotesi da me proposta è stata quella di studiare l’andamento delle terapie farmacologiche somministrate ai pazienti. Sono partita dal presupposto che tali terapie per un paziente psichiatrico siano un indice indiretto della presenza dei sintomi sui quali interviene la prescrizione del farmaco o la sua sospensione. Per questo, ho pensato, che possa risultare di grande interesse studiare le variazioni nella somministrazione dei farmaci, soprattutto in una Comunità residenziale come Primavalle, in cui i pazienti sono seguiti per un periodo di tempo prolungato, che può fornirci informazioni rilevanti, soprattutto in concomitanza con un trattamento alternativo come quello da noi proposto. A tal proposito le difficoltà incontrate nel perseguire tale lavoro di analisi sono state numerose: innanzitutto la difficoltà nell’analizzare i dati provenienti dai pazienti in rapporto ai sintomi, viste le diagnosi differenti in termini di gravità e livello di funzionamento; la difficoltà a reperire le terapie farmacologiche precedenti al periodo di marzo 2009, mese in cui è iniziato il progetto terapeutico; la difficoltà, connessa alla precedente, nel considerare i singoli pazienti come single case, data la mancanza di una baseline; la difficoltà nel reperire un campione rappresentativo; la difficoltà nell’isolare le variabili intervenienti sul trattamento stesso. • Analizzando la questione dall’inizio, il primo scoglio da superare era il problema della differenza delle patologie. Infatti, nonostante la C.T. di Primavalle ospiti pazienti nel range della patologia psicotica, in realtà c’è una variabilità molto alta per quanto riguarda l’area della psicopatologia2 e il livello di gravità, tanto da non poter confrontare il risultato di un paziente con l’altro. Per questo motivo, non potendo creare un gruppo sperimentale e un gruppo di controllo (essendo i pazienti fortemente diversi gli uni dagli altri) e quindi non potendo successivamente analizzare i dati attraverso metodi statistici, l’ipotesi migliore è stata quella di considerare ogni paziente come un caso a se stante, nella sua unicità e diversità, e quindi ragionare in termini di single case. • Nel single case ogni soggetto non è confrontato con un gruppo di paragone, ma con se stesso; il termine single-case può essere applicato a una molteplicità di strategie di ricerca, purché condividano la caratteristica per cui l’unità di osservazione (N=1) non può essere ulteriormente scomposta. A differenza dei disegni sperimentali e naturalistici, nei disegni single-case il focus della ricerca è posto su un soggetto su cui vengono effettuate numerose osservazioni attraverso misure operazionalizzate, nell’intento di valutare la consistenza e la qualità dei cambiamenti ottenuti nell’arco di un intervallo di tempo stabilito dal ricercatore. La situazione psicoterapeutica (fotografata dalle trascrizioni di registrazioni di sedute campionate nelle diverse fasi del trattamento) offre un laboratorio ottimale per queste valutazioni, che possono essere compiute sul paziente, sul terapeuta o su variabili della loro relazione. Il disegno single-case è il metodo privilegiato della ricerca contemporanea in psicoterapia poiché permette un’ analisi macro e microanalitica che esprime, in misure confrontabili, il funzionamento della personalità del paziente, il processo di trattamento e i risultati raggiunti. A tal proposito la ricerca sperimentale single-case poteva essere utile per studiare gli effetti del trattamento proposto su ogni singolo individuo, infatti, i disegni sperimentali single-case non prevedono una procedura standard, ma condizioni sperimentali (della terapia o dell’assetto in cui si trova il paziente) che il ricercatore seleziona e modula volontariamente al fine di dimostrare una relazione sistematica tra un intervento clinico e un dato cambiamento a esso successivo. Questa metodologia varia a seconda del numero delle fasi che la compongono: la fase A (in cui non è applicato l’intervento o baseline) fase B (in cui è applicato l’intervento) fase C (se è applicato un trattamento diverso dal precedente). Di seguito i vari tipi di disegni: I disegni single-case inoltre, non si pongono solo l’obiettivo di capire se un trattamento funziona (come gli RCT), ma anche perché e come funziona. Inoltre, nel disegno single-case, gli effetti di un intervento vengono valutati sull’individuo e non sul gruppo, favorendo cosi l’approccio idiografico3. Alla luce di ciò, è emerso che non è stato possibile valutare i pazienti seguendo la logica del disegno sperimentale single-case. Infatti come detto, per poter analizzare i dati, deve essere presente almeno una fase A (baseline) e una fase B (trattamento); nel nostro caso, invece, avevamo a disposizione le terapie farmacologiche dei pazienti solo a partire dal marzo 2009, mese in cui è iniziato il progetto (trattamento), vale a dire assenza di documentazione della terapia farmacologica (in quanto la C.T. ha iniziato a registrare i dati delle suddette terapie, computerizzandoli, solo a partire da tale mese) in fase A, baseline. Dunque anche la possibilità di interpretare i dati secondo il disegno sperimentale single-case è stata esclusa. • Per di più, per compiere un’analisi statistica dei dati, un’altra difficoltà rilevante era la quantità del campione preso in esame, che, per il numero assai ridotto, non può neppure esser considerato rappresentativo. Nell’analisi che viene presentata seguentemente, infatti, ho scelto di selezionare solamente cinque dei pazienti che hanno partecipato al mosaico, perché presenti dall’inizio alla fine del lavoro, con continuità, e grazie ai quali, in definitiva, è stato possibile realizzare il mosaico e conseguentemente la sperimentazione. Rimando al paragrafo successivo per tale trattazione. • L’ultimo, ma non meno importante, scoglio incontrato, è stata la difficoltà nell’isolare le variabili intervenienti sul trattamento da noi proposto. Infatti, avendo condotto tale progetto in una Comunità Terapeutica, eravamo consapevoli del fatto che il mosaico fosse una, ma non l’unica, delle proposte terapeutiche offerte dalla C.T. di Primavalle. Come riportato nel capitolo 3 (tabella) le attività esterne proposte ai pazienti sono diversificate, anche se non tutte si sono sovrapposte al progetto terapeutico, perché abbandonate prima o frequentate saltuariamente. Però, sta di fatto, che l’attività terapeutica da noi proposta è realmente piaciuta ai pazienti ed infatti è stata seguita con grande partecipazione, continuità, e soprattutto su base volontaria (come già spiegato nel capitolo 3) a differenza di altre attività che sono state interrotte o mai intraprese. Criteri di selezione del gruppo da sottoporre ad analisi e raccolta delle terapie farmacologiche Rimane dunque in piedi l’ipotesi di studiare l’andamento nella somministrazione delle terapie farmacologiche dei pazienti, anche se con i limiti sopra evidenziati, con l’intento di acquisire informazioni importanti alla comprensione dell’impatto che il progetto terapeutico ha avuto sulla salute dei partecipanti. Per fare ciò mi sono avvalsa delle competenze della Psichiatra Responsabile della C.T. Rita Mazzone, nonché prescrittore delle terapie, dato che ho avuto l’opportunità di apprendere i motivi reali connessi al cambiamento nella somministrazione farmacologica della terapia, attraverso la voce della Psichiatra che molto sa dei suoi pazienti, conoscendoli da diversi anni e che mi ha aiutato a comprendere i resoconti clinici connessi alla variazione delle prescrizioni farmacologiche. Pertanto sono state raccolte le terapie farmacologiche mensili da marzo 2009, mese di inizio del progetto, all’ottobre 2010 (follow-up di 6 mesi dalla fine del progetto). Le terapie sono state trasformate dalla quantità di compresse o gocce, in numeri orientativi, per meglio mostrare l’andamento nella somministrazione, inoltre si riferiscono al paziente singolo, escludendo un raffronto tra diversi soggetti. Ogni paziente quindi è stato trattato singolarmente e le equivalenze numerali tra soggetti diversi non sono da intendersi come eguaglianza nella somministrazione della terapia. Per l’analisi delle terapie farmacologiche sono stati selezionati cinque pazienti, principalmente perché sono stati coloro che hanno frequentato con costanza tutte le sessioni di lavoro ed hanno collaborato attivamente. Abbiamo invece escluso dall’analisi quelle persone che, sebbene abbiano partecipato laboriosamente per un determinato periodo di tempo, tuttavia o sono entrati con molto ritardo in C.T. rispetto al lavoro del mosaico, oppure sono stati dimessi dalla C.T. dopo poche sessioni di lavoro con noi. Riporto nei capitoli successivi le terapie farmacologiche trasformate in numeri per i cinque pazienti: Francesco, Dario, Veronica, Maria e Ramona. 5.5 Analisi della terapia farmacologica di Francesco Nella tabella sottostante riporto la trasformazione in numeri orientativi della terapia farmacologica somministrata a Francesco dal marzo 2009 all’ottobre 2010. A colpo d’occhio, guardando la tabella, ci accorgiamo che da marzo 2009 ad aprile 2010 (periodo di lavorazione al progetto musivo) c’è una sostanziale stabilità nella somministrazione della terapia farmacologica di Francesco, mentre, nei mesi successivi al termine del nostro progetto, assistiamo ad un cambiamento rilevante: l’introduzione del Depakin Chrono 500 mg –gruppo terapeutico: antimaniacale, antiepilettico-. Pochi mesi prima, oltre all’Haldol –antipsicotico- che viene diminuito di quantità, viene introdotto il Flunox –ipnotico, sedativo- per controllare l’agitazione. A tal proposito, la Dottoressa Rita Mazzone, prescrittore della terapia farmacologica, ci spiega che Francesco è una persona molto creativa, aspetto riscontrabile a partire dalla sua passione più grande che è la scrittura, della quale si nutre spiritualmente, e grazie alla quale vive di soddisfazione, dopo la pubblicazione di due suoi libri. Purtroppo però, appare scarsamente capace di gestire questa sua creatività in solitudine, come riferisce la Dottoressa Mazzone; infatti, spesso ha bisogno di condividere questi momenti con altre persone, per poter tirare fuori il meglio. Quindi, continua la Dott. Mazzone, sicuramente l’aver avuto la possibilità di frequentare così a lungo un’esperienza e un gruppo di lavoro creativo, gli ha dato l’opportunità di esprimere il suo estro e in questo modo gestire l’ansia diventando più tranquillo. Al contrario con la fine del progetto, la sua inventiva e il suo bisogno di creare sono stati frenati e di conseguenza è riemersa un’agitazione di base, leggibile anche attraverso l’osservazione della terapia farmacologica a lui somministrata. Pensiamo dunque che per Francesco aver avuto la possibilità di cimentarsi in un lavoro -a lungo termine- creativo, che rispecchia la sua personalità, si è caratterizzato come un elemento fondamentalmente positivo nella gestione delle sue ansie ed è stato di per sé un fattore terapeutico. 5.6 Analisi della terapia farmacologica di Dario Nella tabella sottostante riporto la trasformazione in numeri orientativi della terapia farmacologica somministrata a Dario dal marzo 2009 all’ottobre 2010. Chiedendo chiarimenti sul caso di Dario, la Psichiatra Mazzone sostiene a pieno titolo un grande miglioramento, tanto che parla di “successo terapeutico” sempre in relazione alla gravità della patologia del paziente. Dario infatti ha una storia particolare, ed i suoi ultimi 10 anni di vita si caratterizzano per una totale inattività, che lo ha fatto regredire profondamente; all’ingresso in Comunità infatti, anche la cura del sé sembrava fosse un obiettivo troppo grande da perseguire. Nel tempo invece, e anche durante gli incontri di lavoro al mosaico, ha mostrato interesse per le attività svolte e nel nostro lavoro, lasciato libero di fare, contribuiva con i suoi tempi, all’attività comune. Oltretutto prima dell’inizio del progetto, ma anche a mosaico cominciato, la sua permanenza in C.T. è stata caratterizzata da fughe ed allontanamenti improvvisi, cosa che non si è più ripetuta nel periodo successivo. La terapia farmacologica mostra un sostanziale miglioramento del paziente: la somministrazione dell’Haldol –antipsicotico- viene eliminata nel corso dei mesi (a luglio 2009) e Zyprexa –antipsicotico- già calato nel periodo di lavorazione del mosaico, attualmente (febbraio 2011) come ci riferisce la stessa Mazzone, è stato del tutto eliminato. Quindi il miglioramento conseguito dal paziente, di cui sopra abbiamo discusso, è inferibile anche attraverso la lettura della terapia antipsicotica ridotta in maniera molto significativa, con la consapevolezza che attualmente l’unico farmaco somministrato (avendo eliminato Haldol e Zyprexa) è l’Invega. 5.7 Analisi della terapia farmacologica di Veronica Nella tabella sottostante riporto la trasformazione in numeri orientativi della terapia farmacologica somministrata a Veronica dal marzo 2009 all’ottobre 2010. Analizzare la terapia di Veronica risulta più complicato, trovandoci di fronte ad una psicosi maniaco-depressiva caratterizzata dall’oscillazione del tono dell’umore. Tuttavia, una notizia importante che veniamo a sapere dalla Dott. Mazzone è che, nell’ultimo periodo, le oscillazioni del tono dell’umore sono molto meno profonde, rispetto a due anni fa circa, e che prima dell’inizio del mosaico erano anche più frequenti situazioni di agitazione psicomotoria, che invece non abbiamo mai notato durante la partecipazione della paziente al lavoro musivo. Veronica è una paziente ad alto funzionamento, tanto che rispetta gli impegni di un impiego stabile. Analizzando la terapia farmacologica riscontriamo i cambiamenti di cui ci parla la Dott. Mazzone, notando che la somministrazione di Flunox –ipnotico, sedativo- sparisce, insieme al Seroquel –antipsicotico- che si riduce e al Rivotril –antiepilettico- che è sospeso. Leggiamo sulla cartella clinica della paziente che, nel periodo iniziale del mosaico, risulta parecchio depressa e che insiste per andare in pensione; in una nota dell’aprile 2010 invece, mese in cui è terminato il mosaico, gli operatori hanno appuntato che Veronica risulta stabile e proseguono dicendo: “ha partecipato al mosaico con entusiasmo, non parla più di pensione, ed anzi ha chiesto di caricare sul suo computer le foto della festa d’inaugurazione del mosaico per farle vedere ai suoi colleghi in ufficio”. L’impegno costante mostrato da Veronica al progetto musivo e la possibilità di ritagliare all’interno del lavoro uno spazio di verbalizzazione per sé e per esporre i suoi problemi può aver giovato e funzionato come contenimento e sublimazione. 5.8 Analisi della terapia farmacologica di Maria Nella tabella sottostante riporto la trasformazione in numeri orientativi della terapia farmacologica somministrata a Maria dal marzo 2009 al marzo 2010, essendo uscita dalla C.T. proprio in concomitanza del termine del lavoro a mosaico. Il caso di Maria, si distingue da tutti gli altri perché la paziente, in coincidenza del termine del lavoro a mosaico, esce dalla C.T. in quanto terminato il suo contratto terapeutico e raggiunto l’obiettivo prefissato. Nei mesi precedenti l’uscita si notano dei cambiamenti importanti nella somministrazione della terapia. Infatti da settembre 2009 viene introdotta la somministrazione dell’Invega –antipsicotico- al posto del Depot (particolari formulazioni di farmaci che rilasciano nel tempo la sostanza terapeutica somministrata per via intramuscolare); il cambiamento di rotta è soprattutto concettuale: con il Depot il paziente riceve la somministrazione del farmaco indipendentemente dalla propria costanza o volontà nell’assumere quotidianamente il farmaco, mentre il passaggio all’Invega mostra una maggiore collaborazione della paziente stessa nell’assumere i medicinali prescritti e quindi una maggiore consapevolezza di malattia. Il decorso della paziente è orientativamente positivo, vista l’uscita dalla C.T., la collaborazione mostrata nella responsabilità di assumere i farmaci e nella costanza e nell’impegno sempre presentato nel lavoro a mosaico, che le ha fatto guadagnare il nome di “Vice Brando” come illustrato nel capitolo successivo. 5.9 Analisi della terapia farmacologica di Ramona Nelle tabelle sottostanti riporto la trasformazione in numeri orientativi della terapia farmacologica somministrata a Ramona dal marzo 2009 all’ottobre 2010. Anche per Ramona, come per Veronica, risulta complicato analizzare l’andamento della terapia farmacologica (e quindi indirettamente comprendere il miglioramento o meno della paziente) data la diagnosi di Psicosi maniaco-depressiva con crisi ricorrenti. Tutto al più, si può osservare la frequenza delle oscillazioni del tono dell’umore (fasi maniacali e fasi depressive) e la frequenza dei ricoveri in SPDC (servizio psichiatrico di diagnosi e cura) o altra struttura. Dal diario clinico di Ramona si evince che, nel periodo del mosaico, l’oscillazione del tono dell’umore è ciclica, ma con un cambiamento da una fase disforica ad una depressiva ogni 4/5 mesi circa, come si legge dalla tabella sopra riportata. Al termine del mosaico, viene annotato dagli operatori che la paziente si stabilizza per un lungo periodo, fino a settembre 2010, momento in cui viene ricoverata per un mese per rischio di un blocco catatonico, al quale però alterna fughe di eccitamento. Dopo questo periodo, verso novembre 2010, Ramona sembra alternare stati dell’umore maniacali e depressivi quasi ogni giorno, come riporta il diario clinico, in cui un giorno è euforica e il giorno dopo è rallentata, fissa e triste, fino a che non viene ricoverata nuovamente in SPDC per restarci ancora oggi (febbraio 2011). Ramona, nel periodo concomitante con il nostro lavoro, mostra un’oscillazione meno profonda delle crisi e successivamente una stabilizzazione della malattia, per poi peggiorare sensibilmente qualche mese dopo rispetto al termine del progetto. Non posso non citare le ripetute volte in cui Ramona ha espresso, con rammarico e grande tristezza, il desiderio di poter andare a vivere in una sua “casetta” come quella che ha disegnato nel mosaico; non è escluso infatti che aver visto realizzarsi nel mosaico il suo sogno, abbia in qualche modo agito positivamente sulle sue aspettative, tanto che al termine del nostro progetto, un giorno in cui sono andata in Comunità, ho trovato la paziente che piangeva disperata e mi ha confidato che avrebbe tanto voluto andare a vivere in una “casetta tutta mia come quella che ho disegnato nel mosaico”. Complessivamente abbiamo potuto notare, grazie alle tabelle che riportano le terapie farmacologiche e grazie alle osservazioni della Dottoressa Mazzone, che i pazienti presi in esame hanno mostrato dei miglioramenti sintomatologici, chi più a breve termine e chi più a lungo termine, oltre che relazionali (come illustrato nel capitolo terzo, quarto e ottavo). Tuttavia ricordiamo che la possibilità di interpretare il miglioramento del paziente da un punto di vista statistico rimane argomento alquanto controverso. Citando la definizione di matematica preferita da Bertrand Russell, capiamo perché: "un argomento del quale non sappiamo mai quello di cui stiamo parlando né se quello che diciamo sia giusto". Tutto ciò appare quasi paradossale dato che si sta parlando della scienza per eccellenza, la matematica, che tuttavia secondo Russell non ci garantisce la sicurezza attesa. Così infatti spiega la Dott. A. M. Meoni4: “Con l’umorismo tutto inglese di un filosofo logico, quale Russel è stato nella seconda metà del XIX secolo, torniamo all’interpretazione del motto di spirito data da Freud nel XX secolo, per affrontare il dibattuto tema del significato scientifico delle teorie psicoanalitiche sul funzionamento della psiche. Quando l’oggetto di ricerca è il pensiero stesso, le ipotesi metodologiche sono definite dalla psicologia, che cerca di rispettare i canoni accettati dalla scienza moderna per farla rientrare nel campo di studio delle scienze naturali. Importanti sono i limiti oggettivi, oggi condivisi da psicologi e psicoanalisti, che non consentono di rispettare procedimenti scientifici: sia il metodo sperimentale, così come l'oggettività delle osservazioni e delle asserzioni teoriche. Altrettanto si deve considerare per le difficoltà a mantenere in Psicoanalisi un rigore semantico e ottenere la conferma statisticamente significativa delle osservazioni. Ma anche nell'ambito della filosofia della scienza, Popper (1902-1994) ha elaborato un metodo scientifico deduttivo basato sul criterio di falsificabilità, anziché su quello induttivo di verificabilità. Gli esperimenti empirici non possono mai, per Popper, "verificare" una teoria, possono al massimo smentirla. Il fatto che una previsione formulata da un’ipotesi si sia realmente verificata, non vuol dire che essa si verificherà sempre. Perché l’induzione sia valida occorrerebbero infiniti casi empirici che la confermino: poiché questo è oggettivamente impossibile, ogni teoria scientifica non può che restare nello status di ipotesi. Questa è la fondamentale ragione logica che conferisce presupposto scientifico alla psicoanalisi, ma non pratica scientifica. Condivisa è ormai, nel pensiero moderno, la distinzione tra scienze naturali, apparentemente più probabili sulla base di verifiche statistiche, e le scienze sociali, meno probabili per l’impossibilità di vere verifiche statistiche. La Psicoanalisi, come l’Antropologia e la Sociologia, trova il suo posto tra le scienze sociali”. Ecco perché appare di vitale importanza non solo la considerazione della significatività statistica di un dato, che indica che le differenze tra i due gruppi non sono dovute al caso, bensì a qualche fattore che le ha prodotte, ma anche la considerazione della significatività clinica dei risultati: “la significatività statistica dei risultati non sempre corrisponde alla loro significatività clinica. […] Un risultato statisticamente significativo non indica necessariamente che quel dato sarà significativo anche in senso clinico5”. Da qui l’importanza di valutare con tecniche etero-autoriferite il cambiamento percepito dal paziente stesso o da chi gli vive accanto, in seguito ad un trattamento, perché non sempre le variazioni statisticamente significative dei risultati possono essere realmente percepite dai pazienti come tali, o al contrario le variazioni clinicamente significative non sempre possono avere un riscontro chiaro, leggibile attraverso la significatività statistica. Sembra quasi impossibile, andare indietro nel tempo fino a tornare agli albori della Psicoanalisi, e ritorvare questi stessi concetti nelle parole del grande discepolo freudiano, Carl Gustav Jung: “I miei interessi e le mie ricerche erano dominati dallo scottante problema: cosa accade realmente nei malati di mente?. nessuno dei miei colleghi si era mai tormentato circa tale problema. Gli insegnanti di psichiatria s’interessavano non di quel che il paziente avesse da dire, ma piuttosto della diagnosi, dell’analisi dei sintomi, di statistiche… La psicologia del malato mentale non aveva nessuna parte da adempiere6”. Trovo molto realistica la scottante dicotomia esposta da Jung in riferimento all’attualissima dialettica nel servirsi di una diagnosi categoriale oppure una dimensionale; argomento assai controverso che si alimenta e protrae da decenni. Personalmente mi trovo in linea con il pensiero di Jung: un interesse ristretto e focalizzato unicamente sulle statistiche e sulla diagnosi, intesa come serie di sintomi e categorie, non fa altro che stigmatizzare il soggetto e farlo conformare con la malattia stessa; la possibilità invece di conoscere, senza schemi e pregiudizi, la persona, in tutta la sua diversità ed unicità, è la vera ricchezza concessa all’essere umano. 1 Dottrina pseudoscientifica, il cui massimo esponente è Franz Joseph Gall (1758-1828). 2 Vedi cap. 3, tabella di presentazione del gruppo di lavoro. 3 La spiegazione della ricerca single-case riportata è tratta dal capitolo 6 di V. Lingiardi in “La ricerca in psicoterapia”. 4 Tratto da “Raccoglitore e ricercatore” di Anna Maria Meoni, disponibile all’URL http://donnemedicotreviso.net/wp-content/uploads/2009/12/nuovo-documento-di-microsoft-word.pdf 5 Tratto da “La ricerca in psicoterapia” pag. 13 6 C. G. Jung citato da Cecilia Galassi in “La psicologia dell’inconscio” pag. 7.

Source: http://www.psychomedia.it/pm-thesis/manieri2/capitolo5.pdf

Ab packet non surgical 020606.doc

Checklist for Non-surgical abortion Sono: W_____D _____ Patient name _____________________________ Chart # ________________ Patient meets inclusion & exclusion criteria _____________ Possible risk & complications explained Patient instructions & procedure explained _____________ Possible necessity of surgery procedure, In the event that non-surgical procedure 100 mg or 200

Bio572: site-directed mutagenesis

Lecture 4 Site-directed mutagenesis In which we learn how to obtain precise control over the coding content of DNAThe principle of site-directed mutagenesis is that a mismatched oligonucleotide is extended, incorporating the "mutation"into a strand of DNA that can be cloned. In this lecture, I will present a number of current methods in use. First, let's talk about the approa

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