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Inviato: mercoledì 13 giugno 2007 16.38 A:[email protected] Oggetto: La scimmia è nuda, e lo resterà finché non impara a fare il sarto - da Il Foglio Carissimi amici dell' Associazione OASI CANA Onlus, ecco le notizie su
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La scimmia è nuda, e lo resterà finché non impara a fare il sarto A Trento una mostra per dire che l’uomo e’ solo un animale di Francesco Agnoli - da Il Foglio del 26 aprile 2007 Nella mia città, Trento, al Museo di Scienze Naturali, imperversa una mostra: “La scimmia nuda”, il cui messaggio è esplicito: “Gli esseri umani sono animali”, punto e basta. Solo animali. L’inizio è stucchevole: graziose scimmie che saltano e si divertono e una vocina (umana, si pensa) che spiega che gli scimpanzé “hanno una vita sociale simile alla nostra”, “sembrano intendersi anche di medicina”, hanno
una vita affettiva, anch’essa analoga alla nostra… Inoltre “come gli altri animali possiedono una cultura, molto meno primitiva di quanto si pensasse, e l’etologo Frans de Waal ritiene persino di aver trovato i fondamenti della morale in varie specie di scimmie”. Un etologo, dico uno, “ritiene”, senza alcuna prova evidente, che la morale sia presente anche nelle scimmie: già da qui si evincerebbe, ma il passaggio è ancora implicito, che il primato della coscienza dell’uomo è una fola della religione. Come poi questo senso morale si espliciti non è dato saperlo: la didascalia non parla del rimorso delle scimmie, dei processi celebrati nelle “civiltà” scimmiesche, dei confessori, degli psicologi, degli psicoanalisti o dei tipi di
Prozac di cui le scimmie, che si intendono, appunto, anche di medicina, fanno abitudinariamente uso… Neppure spiega se via siano scimmie che discutono sul diritto naturale e sulla differenza tra esso e il diritto positivo, sulla liceità o meno della fecondazione artificiale o della clonazione, o che abbiano una libertà tale da poter andare contro la loro stessa natura, ad esempio sterilizzandosi. La mostra prosegue spiegando che la scimmia condivide con l’uomo il 98 per cento del patrimonio genetico, “dimostrazione” della comune origine. Ammesso e non concesso quello che genetisti famosissimi come Lejeune e tanti altri negano, bisognerebbe spiegare come possono stare, in quel due per cento di Dna di differenza, in
quel “po’ di materia”, e solo in esso, tutte le caratteristiche tipicamente umane, quali il linguaggio, le idee, la capacità artistica, la libertà, la capacità di accumulare conoscenze culturali e scientifiche… Anche perché poco oltre si spiega che condividiamo il 90 per cento del patrimonio genetico con i topi e il 21 con ogni verme: che le scimmie, da cui noi deriviamo, originino a loro volta dai topi e questi dai vermi? Per coerenza si dovrebbe dirlo, ma forse sembra un po’ troppo… Ma quali sono le spiegazioni scientifiche che dimostrano l’evoluzione dell’uomo dal a scimmia? Il perché del bipedismo non è spiegato: si dice solo “qualunque ne sia stata l’origine”, dimostrando di non conoscerla. Riguardo al nostro cervello, 25 volte più grande di quello degli altri mammiferi, si ammette chiaramente che poco ne sappiamo, e si afferma: “a partire da circa 2,5 milioni di anni fa si fecero
molto forti i vantaggi evolutivi per aumentare di taglia il cervello”. Come se fosse solo questione di peso. Come e perché questo aumento? Non è chiarito. Anzi, secondo alcuni vi fu “un grande balzo in avanti dell’evoluzione”, perché altrimenti non si spiegherebbe nulla; secondo altri, invece, ci sarebbe stata una “evoluzione graduale”. Due tesi opposte. E il linguaggio? Sappiamo che quello umano è unico. Noam Chomsky, nega che sia possibile passare dalla non parola alla parola. Andrea Moro, ordinario di linguistica al San Raffaele di Milano, afferma che “i primati possono imparare centinaia di vocaboli come un bambino, grazie alla facoltà della memoria, presente persino nei batteri… Dopo i due anni però nell’uomo emerge una facoltà nuova, la sintassi o composizione delle parole in frasi, che esplode dopo i 4 -5 anni e rimane una caratteristica tipicamente umana… In che modo
l’evoluzione trasformò la comunicazione animale e la condusse al linguaggio umano? Se è vero che deriviamo da animali privi di linguaggio (dogma di partenza, ndr), allora esso deve essersi sviluppato con il tempo e devono essere esistiti stadi intermedi tra i versi del e scimmie e i sonetti di Shakespeare”. Mai trovati gli anelli intermedi del linguaggio? Mai, “devono” essere esistiti: è scienza questa? L’arte e la tecnologia? Ce l’hanno anche loro, insiste la mostra. Lincoln, che non era uno scienziato, notava però questa piccola differenza: “I castori costruiscono case; ma non le costruiscono in modo differente né migliore di come le costruivano cinquemila anni fa (agiscono cioè secondo istinto, non liberi, ndr)… l’uomo non è l’unico
animale che lavora; ma è l’unico che migliori il suo modo di operare”. Invece per i curatori della mostra non è vero: le scimmie usano gli utensili come noi, e dipingono benissimo. La prova? Schizzi di colore buttati su tela, senza alcuna logica, da una scimmia, incalzata dall’etologo Desmond Morris, il nume tutelare della mostra, uno capace di grandi intuizioni: “La questione della sede dell’anima è stata a lungo dibattuta. Sarà nel cuore o nella
testa, o magari diffusa in tutto il corpo, come una qualità spirituale onnipervasiva, propria dell’essere umano? A
me, come zoologo, sembra che la risposta sia ovvia: l’anima dell’uomo si trova nei suoi testicoli, quella delle donne nelle ovaie” (“Lo zoo umano”). Siccome intelligenza, cultura, idee, autocoscienza eccetera non sono spiegabili scientificamente, quantitativamente, cioè non sono misurabili, perché pertengono al regno dello spirito, che non si vede e non si tocca, bisogna negarne la specificità, l’esistenza, riducendo l’uomo a materia in evoluzione e mettendo tra parentesi, come se non esistessero, le evidentissime differenze che ognuno può notare tra gli animali e l’uomo. Ma questo è riduzionismo: non una teoria scientifica, ma una filosofia, o meglio un’ideologia.
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