O La reumatologia pediatrica nel terzo millennio
F. Falcini Università degli Studi di Firenze - Servizio di Reumatologia Azienda Ospedaliera Meyer, Firenze
Le Malattie reumatiche sono un gruppo di malattie multisistemiche, acute e croniche, con
manifestazioni cliniche polimorfe a comune fra le varie forme. La Reumatologia pediatrica è una disciplina che abbraccia lo studio delle malattie infiammatorie e non infiammatorie del tessuto connettivo, dei muscoli e dei vasi nei bambini. Per molti anni i Reumatologi degli adulti hanno contrastato la costituzione di una specialità reumatica nel contesto della Pediatria. Oggi la Reumatologia Pediatrica ha ottenuto un pieno riconoscimento in Europa, in Italia e nel mondo ed è divenuta una disciplina autonoma in continua crescita.
La prima segnalazione di malattie reumatiche nell’età pediatrica risale al 1545 quando Thomas
glese, riferisc d
e della rigidità articolare nei bambini dopo esposizione al freddo.
Nel 1864 Cornil descrive una donna con poliartrite a decorso cronico, esordita a 12 anni, deceduta a 28 anni per complicanze renali. Nel 1873 Bouchut segnala il reumatismo cronico in 6 bambini e nel 1883 Barlow parla di reumatismo nell’infanzia riferendosi alla malattia post-streptococcica, inclusa la Febbre reumatica. Nel 1891 Diamant-Berger descrive 38 bambini con artrite cronica, soffermandosi sulla eterogeneità di questa patologia e il possibile coinvolgimento oculare; nel 1896 Still descrive 22 bambini con artrite acuta e cronica, che da lui prenderà il nome di morbo di Still.
Intanto altre malattie reumatiche vengono riconosciute nel bambino; nel 1800, Henoch e poi Schönlein descrivono la Vasculite leucocitoclastica e nel 1877 Unvericht definisce la Dermatomiosite giovanile. Nel 1904 si hanno le prime segnalazioni di Lupus sistemico nell’infanzia ma si dovrà attendere il 1950
per avere le prime informazioni sulla Spondilite anchilosante giovanile; solo nel 1960 sono riferiti casi di Sclerodermia nel bambino. Ultime nate, la Malattia di Kawasaki nel 1967, il Lupus neonatale, la CINCA/NOMID (Chronic infantile neurologic cutaneous and articular sindrome/Neonatal-onset multisystem inflammatory disease) e la Malattia di Lyme. Solo negli anni recenti si hanno segnalazioni in età pediatrica di sindromi croniche non infiammatorie, quali l’algodistrofia e la fibromialgia, ritenute un tempo proprie dell’adulto e delle Sindromi autoinfiammatorie (sindrome da Iper-IgD, TRAPS, Muckle-Welles).
La distribuzione attuale delle Malattie reumatiche nell’infanzia vede alla sommità della piramide,
dove fino alla metà del secolo scorso troneggiava la
Febbre reumatica, la Juvenile idiopathic arthritis
(JIA), termine coniato nel 1994 a Santiago, rivisto a Durban nel 1997 e ad Edmonton nel 2001 dall’ILAR (International League of Associations for Rheumatology) per dare una collocazione alla maggior parte dei bambini con artrite cronica. Nel termine JIA (in italiano AIG, artrite idiopatica giovanile) sono incluse sette categorie di artrite cronica:
2. Poliarticolare Fattore reumatoide-negativa
3. Poliarticolare Fattore reumatoide-positiva
O * estesa
5. Artrite psoriasica 6. Artrite ed entesite 7. Altre artriti * forme che non rientrano in alcuna categoria
* forme che rientrano in più di una categoria
che racchiudono le 3 forme (sistemica, poliarticolare, oligoarticolare/pauciarticolare) della Juvenile
rheumatoid arthritis (JRA) e le 6 (sistemica, poliarticolare, artrite reumatoide giovanile, pauciarticolare, artrite psoriasica giovanile, spondilite anchilosante giovanile) della Juvenile chronic arthritis (JCA).
Per la cura dell’AIG, dopo l’impiego iniziale di acido acetilsalicilico, sui cui effetti collaterali si
comincia a riflettere negli anni ’70 proponendo un dosaggio ottimale per evitare la tossicità da salicilato, sono stati introdotti successivamente altri antinfiammatori non steroidei (FANS) quali naprossene, tolmetina, ibuprofene e indometacina, in numero assai ristretto rispetto a quelli ammessi in età adulta, per i limiti imposti dalla Food and Drug Administration. I FANS rimangono la pietra miliare nel
trattamento iniziale di tutte le forme di artrite cronica giovanile nonostante i numerosi effetti indesiderati a carico dell’apparato gastrointestinale e renale. Per ridurre tali inconvenienti, negli ultimi anni sono stati prodotti i COX-2 con azione privilegiata sulla via del dolore e rispetto della via protettiva su stomaco e rene, ampliamente impiegati nell’adulto ma non approvati nel bambino ad eccezione del Meloxicam.
Dopo gli anni ‘50, una grande conquista nella terapia che ha migliorato sensibilmente la qualità di vita dei bambini reumatici, è rappresentata dai corticosteroidi. Dopo i primi entusiasmi, si evidenzia ben presto che questi farmaci, efficaci nel sopprimere i segni e sintomi della malattia, non sono tali nel controllarne l’evoluzione e sono associati a gravi effetti collaterali. Negli ultimi decenni, la somministrazione a boli è preferita, in fase iniziale di malattia, a quella orale per
indurre una rapida remissione con minori effetti collaterali. In un lavoro del 1977 Jane Schaller definisce le condizioni per il loro impiego: forma sistemica non responsiva ai salicilati e uveite grave non sensibile alla terapia steroidea topica.
L’introduzione alla fine degli anni ‘80 del Triamcinolone e poi del Triamcinolone esacetonide
per via intraarticolare è una conquista per il trattamento delle forme di artrite oligoarticolare. Il Triamcinolone esacetonide, con efficacia superiore e più prolungata rispetto al Triamcinolone, porta ad un rapido miglioramento e talora alla completa risoluzione del processo flogistico. Si evita così l’instaurarsi di deformità legate al persistere dell’infiammazione in un’articolazione, quali iperallungamento dell’arto colpito, asimmetria degli arti, deambulazione con arto flesso ed extraruotato e scoliosi di compenso. In questo periodo viene proposto nei casi gravi di ar
trite l’impiego di penicillamina e idrossiclorochina
ed iniziano studi collaborativi USA-URSS. Una tappa successiva è rappresentata dalla scoperta dei Sali d’oro prima per via i.m. e poi per via orale. Mentre continuano gli studi sull’utilizzo dei vari FANS e di questi nuovi farmaci, compare il Metotressato (MTX), utilizzato in casi sporadici
nel decennio precedente e già noto per i suoi effetti
sulle artropatie dell’adulto dagli anni ’60 mentre nel 1975 si ha la prima segnalazione della sua efficacia in un caso di artrite psoriasica del bambino. Il MTX risulta particolarmente efficace nel trattamento della forma poliarticolare e della oligoarticolare estesa, meno nella sistemica. L’introduzione di questo farmaco per via orale, i.m. e s.c., a dosi medie di 10-12,5-15 mg/mq/settimana ha cambiato il volto dell’AIG e migliorato la prognosi dei bambini con artrite cronica nei quali è efficace in oltre il 60% dei
casi se diagnosticati e trattati precocemente. Nei casi non responsivi vengono introdotte dosi maggiori, fino ad 1 mg/kg/sett. ma i trials condotti fra dosi medie e alte mostra che con le dosi alte aumentano gli effetti collaterali e non l’efficacia.
L’ulteriore conquista è rappresentata dalla scoperta dei farmaci biologici intorno agli anni 2000:
Etanercept (ENBREL), proteina di fusione il cui recettore solubile per il TNF è legato alla porzione
costante di una immunoglobulina G e Infliximab (REMICADE), anticorpo chimerico monoclonale anti-TNF-alfa, già in uso negli adulti, danno risultati brillanti nei bambini che non rispondono al MTX.
Un aumento sproporzionato di citochine proinfiammatorie, in particolare IL-1, IL-2, IL-6 e
TNF-α è responsabile delle varie manifestazioni dell’AIG, quali artrite, osteoporosi, anemia, ritardo della crescita. Etanercept e Infliximab pur in modo diverso contrastano l’attività di una delle più
importanti di queste citochine, il TNF-α. Bambini non responders al MTX hanno spesso una risposta
sorprendente ai farmaci biologici; in particolare i risultati migliori sono osservati con l’Etanercept nell’AIG poliarticolare e oligoarticolare estesa, scarsi o nulli nelle forme sistemiche. L’Infliximab si è invece rivelato estremamente efficace nella forma di esordio entesite-artrite associata nella maggior
parte all’aplotipo HLA B27. Fra le varie forme di AIG, la sistemica è la più difficile da trattare. Solo una piccola parte di pazienti risponde ai soli FANS, indometacina in particolare, e agli steroidi a boli e per os. Il gruppo di pazienti che evolvono in poliartrite dopo la risoluzione delle manifestazioni sistemiche risponde al MTX in una buona percentuale di casi. Coloro che hanno la forma più severa, con persistenza della febbre e rash in associazione all’artrite, richiedono terapia aggressiva con altri farmaci. Dopo gli anni 2000 viene proposto, con risultati confortanti l’impiego della Talidomide. Nel gruppo dei
“non responders” sull’esperienza positiva della CINCA, viene impiegato un farmaco biologico anti IL-1 (Anakinra) con risultati discordanti in attesa del farmaco specifico anti IL-6 (Tocilizumab) sperimentato in Giappone e in Europa con buoni risultati. La forma più frequente di AIG rimane la oligoarticolare, la meno grave e la più rispondente ai FANS e alla terapia i
ntrarticolare con Triamci d
nolone esacetonide. Questa forma si caratterizza per il rischio di
coinvolgimento oculare, noto dai tempi di Diamant-Berger e di Ohm all’inizio del secolo scorso, e meglio studiato successivamente in tutte i suoi aspetti in Europa da Kanski. Oggi questa complicanza riveste un posto preminente nella cura dei bambini reumatici con novità nell’approccio terapeutico: steroidi locali e per via sistemica, MTX e farmaci biologici (Etanercept, Infliximab, Adalimubab).
Da ricordare ancora, seppur effettuato in numero limitato di bambini, il trapianto autologo di
midollo con cui si sono ottenuti risultati buoni nell’AIG poliarticolare e sistemica ma associato ad un alto indice di mortalità.
Dopo l’AIG, il LES è la malattia reum
atica più frequente e più importante per la sua gravità. E’
una malattia autoimmune multisistemica caratterizzata da infiammazione dei vasi e del tessuto connettivo e dalla presenza di autoanticorpi, in particolare ANA e anti-DNA nativo. Colpisce i bambini ad ogni età ma è raro sotto i 5 anni; prima dei 10 anni non c’è netta predilezione di sesso mentre in età pubere sono più spesso colpite le femmine. L’esordio è spesso insidioso, con febbricola, perdita di peso e stanchezza, ed estremamente vario, cutaneo in molti casi, articolare, renale o cerebrale in altri, o ancora con alterazioni ematologiche (a
nemia emolitica, trombocitopenia), Durante
il decorso tutti gli organi possono essere interessati. Rispetto agli anni ’50 la sopravvivenza è aumentata considerevolmente grazie alla terapia steroidea. Un tempo si moriva per LES già a 5 anni dall’esordio, soprattutto per il coinvolgimento renale e cerebrale; oggi si muore per infezioni conseguenti alla
immunodepressione indotta dalla terapia. Altra
complicanza grave in questi pazienti è l’aterosclerosi precoce. La terapia corrente si basa sull’impiego di:
- Steroidi a bolo per l’induzione della remissione e poi per os - Ciclofosfamide a bolo e per os
- MTX e ciclosporina - Azatioprina - Gammaglobuline e.v.
La novità è il Micofenolato Mofetil, già impiegato nell’adulto ma con limitata esperienza nel
bambino. Dati recenti segnalano un’efficacia nella forma renale con minore tossicità rispetto alla ciclofosfamide. Di recente il Rituximab, anticorpo anti CD20, è risultato efficace nel controllo delle
forme più aggressive di LES, in particolare nei casi di gravi alterazioni ematologiche (piastrinopenia). Nel contesto del LES va ricordata la Sindrome antifosfolipidi secondaria, con rischio di trombosi venose e arteriose. Necessaria la ricerca degli anticorpi anticardiolipina (ACL), Lupus anticoagulant (LAC) e anti-beta2-glicoproteina I. La terapia prevede l’aspirina (3-5 mg/Kg/die) come antiaggregante in assenza di trombosi e il Coumadin, anticoagulante, dopo un evento trombotico. In discussione la durata della terapia e l’opportunità di trattare i bambini con terapia anticoagulante per la difficoltà di
monitorare l’INR e il rischio di emorragie per traumi legati al gioco e allo sport.
Il Lupus neonatale è una delle acquisizioni più recenti; insorge in bambini di madri SSA/Ro o SSB/La positive, anche asintomatiche per LES e Sindrome di Sjogren. E’ caratterizzato da alterazioni cutanee (granuloma anulare), epatiche (ittero), ematiche (petecchie) o cardiache; queste ultime sono le più
importanti e pongono il bambino a rischio per la vita per bradicardia e blocco cardiaco di terzo grado (completo). Nelle madri riconosciute a rischio, è possibile effettuare terapia preventiva con steroidi in gravidanza fra la 18a e 24a settimana; dopo la nascita è spesso necessaria l’applicazione di pacemaker. Il rischio blocco cardiaco completo alla 1a gravidanza è di circa il 2% mentre alla 2a gravidanza sale al 18%.
La Dermatomiosite giovanile (DMG), meno frequente del LES, è una malattia che in età
pediatrica si differenzia dalla forma dell’adulto sia per la patogenesi che per il decorso e le complicanze. La vasculite con necrosi fibrinoide delle fibre muscolari è l’elemento dominante ed è responsabile di
ulcerazioni cutanee e di perforazioni intestinali. A differenza dell’adulto raramente si associa a neoplasie, per lo più di tipo linfoproliferativo. Nell’approccio terapeutico ai bambini con DMG molto è cambiato; anche se la terapia steroidea a boli e per os rimane essenziale, l’associazione con ciclosporina o MTX riduce sensibilmente la durata e la dose degli steroidi, gli effetti collaterali di una terapia steroidea prolungata e il rischio di calcinosi. Nei casi aggressivi le IVIG sono risultate efficaci anche se impiegate in un numero limitato di casi e di recente è stato impiegato il Rituximmab in casi molto gravi e resistenti alle altre terapie. La diagnosi si pone sempre sui criteri di Peter e Bohan; la biopsia muscolare può essere
Fra le Vasculiti sistemiche un’attenzio
ne particolare va riservata alla malattia di Kawasaki (MK);
anche se molti aspetti di questa malattia sono noti e la terapia con IVIG e aspirina è oggi in grado di curare la malattia in un’alta percentuale di casi, in un 5-7% di pazienti si hanno complicanze coronariche nonostante il trattamento. La diagnosi di MK è clinica e gli esami di laboratorio sono utili per monitorare l’attività di malattia, valutare l’efficacia della terapia e identificare i fattori di rischio. Se è vero che la forma classica è oggi riconosciuta nella maggior parte dei casi, il rischio emerge dai casi incompleti e atipici, sempre più numerosi, e associati ad un’alta incidenza di alterazioni coronariche, per il mancato od omesso trattamento. Mentre sono stati fatti pr
ogressi sulla patogenesi di questa malattia, nonostante
molte ipotesi, l’eziologia rimane sconosciuta. Molto rimane ancora da capire in una malattia così misteriosa; le aspettative future riguardano il riconoscimento dell’agente o agenti responsabili, l’individuazio
ne di esami di laboratorio che permettano
una diagnosi precoce anche nei casi incompleti e atipici e il riconoscimento dei soggetti a maggior rischio di complicanze cardiache. Sulla base delle attuali conoscenze si raccomanda di sospettare la MK in ogni bambino piccolo con febbre elevata persistente e intrattabile, sofferente, con labbra arrossate anche se non sono presenti i criteri diagnostici e di attuare la terapia appropriata entro i primi 5-6 giorni. Il trattamento tardivo pone il bambino a rischio anche di morte improvvisa o di complicanze coronariche gravi. I criteri diagnostici dovranno pertanto essere revisionati perché attendere la comparsa di tutte le
manifestazioni cliniche per porre diagnosi è un rischio da evitare.
Nonostante da più parti sia segnalato l’impiego degli steroidi, fino ad oggi non esistono dati attendibili
sull’opportunità di cambiare la terapia corrente e il loro impiego deve essere riservato ai casi aggressivi e
non rispondenti alle IVIG. Nei casi più aggressivi è stata impiegata con ottimi risultati la terapia biologica, anti-TNF-α.
Altra patologia su cui più di recente si è focalizzata l’attenzione è la CINCA, malattia
infiammatoria cronica sistemica che colpisce maschi e femmine, i cui sintomi sono presenti alla nascita. La malattia è caratterizzata da rash orticariode migrante, non pruriginoso, alla nascita o nei primi mesi di vita, artrite simmetrica e destruente, rotule ingrandite, deformità delle epifisi e metafisi e ritardo psicomotorio. E’ presente uveite anteriore e posteriore; il papilledema e l’atrofia ottica sono presenti in
circa l’80% dei casi con evoluzione fino alla cecità. Altro disturbo grave nei bambini più grandi è la
sordità. Esistono tuttavia forme incomplete della malattia nelle quali le manifestazioni cliniche sono sfumate e non tutte presenti e il ritardo psicomotorio è lieve. L’impiego recente di Anakinra (anti-IL1) ha dato risultati promettenti per il trattamento di questi pazienti non responsivi alle terapie disponibili fino
Un accenno ad una patologia che pur essendo di più frequente competenza dermatologica deve
essere considerata appannaggio del pediatra reumatologo. La Sclerodermia localizzata nelle sue forme, morfea, lineare e “en coup de sabre” è un evento non raro, e
deve essere riconosciuta precocemente per evitare l’estensione dell’alterazione cutanea e l’instaurarsi di deformità. Considerata un tempo una patologia senza terapia, viene oggi trattata in modo soddisfacente con steroidi e MTX.
La Malattia di Lyme è una patologia complessa caratterizzata da manifestazioni sistemiche,
cutanee, articolari, cardiache e neurologiche dovuta alla Borrelia Burgdorferi, trasmessa dal morso di zecca.
In Italia la malattia non è frequente ed esistono focolai ristretti in alcune zone del Nord-est e del meridione. Nel bambino l’artrite è più frequente delle manifestazioni neurologiche. La malattia di Lyme deve comunque essere considerata in ogni bambino con artrite, in particolare se vive o ha viaggiato in
zone rurali e se ha avuto un morso di zecca. L’artrite non è preceduta da artralgie, predilige il ginocchio e insorge più spesso in un adolescente. La terapia prevede l’impiego di Ceftriaxone, 50 mg/Kg (massimo 2 gr) per 14 giorni; in alternativa amoxicillina 50 mg/Kg per 4 settimane. Non è possibile soffermarsi su altre malattie reumatiche del bambino molto importanti quali, la Malattia
di Beçhet, le Sindromi autoinfiammatorie, la PanarterO
ite nodosa, la Panarterite cutanea e la Malattia di
Takayasu che sono di meno comune riscontro nella pratica quotidiana del Pediatra. Vanno tuttavia ricordate perché la sintomatologia di esordio è condivisa dalla maggior parte di esse e pone la necessità di un’attenta diagnosi differenziale. Bibliografia
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