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La Serva Padrona, la trama (G. B. PERGOLESI)
Uberto, tutore burbero e scapolo, ha al suo servizio una trovatella, Serpina, e un garzone
tuttofare, Vespone. Nobile, forse un poco perditempo, vive le sue giornate alzandosi
tardi, e attendendo alla sua attività senza troppo entusiasmo.
Un’ennesima mattina si alza ed è tutto arrabbiato perché la sua Serva Serpina non gli ha
ancora portato la colazione (Aspettare e non venire), niente poco di meno che una tazza
di caldo cioccolato (ricordiamo che il cioccolato era stato importato da pochissimo
tempo e tale bevanda costituiva un lusso sopraffino, di uno che sa apprezzare
ampiamente i piaceri della vita), il suo servo l’ha lasciato senza neanche fargli la barba,
insomma, la giornata non promette niente bene. Invia il suo garzone per cercare di
Serpina, e quella di tutta risposta si presenta con estrema riluttanza, litigando per giunta
con Vespone. Nel chiedergli cos’abbia, quest’ultima dice di essere stufa, che non ce la fa
più e che, pur essendo serva, vuole essere rispettata e onorata come una vera signora.
Uberto perde la pazienza e dichiara alla sua servetta che non c’è la fa più di quel
continuo battibeccare (sempre in contrasti).
Serpina allora inizia a tessere la sua tela, lamentandosi per ricevere solo rimbrotti alle
sue “continue attenzioni”. Uberto cerca di riderne, ma poi vedendo che la sua “piccina”
si arrabbia cede e chiede i paramenti per uscire, al che Serpina gli intima di rimanere a
casa perché ormai è tardi, e che se si ostina lei chiuderà a chiave l’uscio. È troppo
Uberto decide che l’unica via di salvezza per fermare l’alterigia di questa femminuccia è
quella di opporgli un’altra donna, la Padrona di casa, e ordina a Vespone di trovargli una
moglie. Serpina non si lascia sfuggire il suggerimento e subito gli dice che l’approva a
tal punto di offrirsi lei come sposa. Uberto tenta di opporsi, ma Serpina afferma con tutta
la sua femminilità e spigliatezza che sia pure “stizzoso” ma tanto alla fine farà come
dice lei (Stizzoso, mio stizzoso).
Al rientro di Vespone con gli indumenti per uscire Uberto gli replica che può anche
riporli, tanto la sua padrona ha deciso che lui non deve uscire per ora… Vespone è
attonito, Serpina sferra un altro attacco e nel duetto che chiude il primo intermezzo, Lo
conosco…,
Uberto è ubriacato dalla sua servetta, e per quanto Vespone cerchi di dissuaderlo, non vi
è molto campo, Serpina ormai ha deciso: dovrete sposar me!
Il secondo intermezzo si riapre con una doppia scena, da una parte Serpina ha convinto
Vespone ad aiutarla nel suo proposito, chiaramente con la promessa che sarà il secondo
padrone di casa (ah, le donne! In casa ci sono solo due uomini, poveri Vespone e
Uberto!), dall’altra Uberto si è preparato per uscire e va borbottando fino a che non si
accorge di Serpina che ha fatto nascondere prontamente Vespone-Capitan Tempesta.
Serpina cerca in qualche modo di attirare l’attenzione di Uberto, rivelando, a suo
dispetto, che anche lei ha trovato un marito, che e’ un militare e per l’appunto si fa
chiamare Capitan Tempesta. Uberto e’ chiaramente infastidito da questa nuova e cerca
di nascondere ciò schernendo la sua deliziosa serva, rivelandole, alla fine del recitativo,
che nutre nei suoi confronti un certo affetto. Serpina allora, ormai conscia della sua vittoria, non fa altro che impietosire Uberto, dicendogli di non dimenticarsi di lei e di perdonarla se a volte e’ stata impertinente. Qui Serpina canta per l’appunto l’aria “A Serpina penserete…” Terminata l’aria Serpina continua con la sua recita e chiede ad Uberto se vuol conoscere il suo sposo, e quest’ultimo a malincuore accetta. Uberto rimasto solo si interroga nel più profondo del cuore e si rende perfettamente conto di essere innamorato della sua serva, ma come fare ad assecondare il suo cuore? Lui e’ il padrone, e secondo i canoni dell’epoca era impensabile che potesse accadere che un signore prendesse in moglie la propria serva. E’ molto confuso, non sa come risolvere la situazione e nel recitativo che canta, così come nell’aria successiva “Sono imbrogliato io già”, si capisce perfettamente il suo stato d’animo che e’ paragonabile ad un febbricitante in cerca di acqua. Serpina a questo punto fa la sua entrata in scena con Vespone, camuffato da Capitan Tempesta. Uberto è al tempo stesso esterrefatto e geloso, e subito gli chiede se è contento di sposare Serpina. Questo recitativo finale è veramente divertente, dove si vede Uberto sempre più imbarazzato che cade alla fine nella tela tessuta con molta astuzia da Serpina. Vespone è smascherato, ma nonostante le rimostranze di Uberto, il gioco è fatto e Serpina soddisfatta termina con la frase che è la chiave di questo intermezzo buffo “E da serva divenni io già padrona”. L’operina termina con due finali. Il primo è un grazioso duettino dove i protagonisti si dichiarano il proprio amore. Uberto sembra ringiovanito e lo pervade un entusiasmo tipico dei giovanotti. E’ appunto interessante notare come l’amore, che è il motore della vita, cambia le persone e come nel caso di Uberto, da vecchio burbero e brontolone lo trasforma in un giovane alla prima esperienza amorosa. Questo duetto in origine chiudeva l’opera, ma dall’edizione parigina della Serva (vedi più avanti) in poi è stato inserito un altro duetto che oggi è considerato il finale e che, nella maggior parte delle edi zioni, normalmente sostituisce l’altro, che è sempre una dichiarazione festosa d’amore.

Source: http://www.icfederico.it/InformaScuola/SpazioDocen/musica/PERGOLESI/LASERVAPADRONA-trama.pdf

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